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Chi ha morsicato la mela della Apple? Il potere del rebranding
Aggiornamento: 15 lug 2022
L’oscuro passato della mela di Apple
Siamo talmente abituati a vedere ovunque la classica mela morsicata che non ci chiediamo nemmeno più da dove arriva e come è diventata il logo che conosciamo oggi. Nel tempo è cambiata molto più di quanto possiamo immaginare, il primo logo di Apple, disegnato nel 1976, era completamente estraneo alla nostra idea attuale dell’azienda e ci sembra impossibile che potesse essere accettato e scelto come immagine distintiva di un marchio moderno e tecnologico.

Ma non si parte mai dalla perfezione, questo logo racchiudeva il concetto della mela come idea e innovazione, ma è evidente che non lo passava in maniera efficace. Non stupisce che infatti durò un solo anno, già nel 1977 Steve Jobs commissionò un nuovo logo, molto simile a quello odierno. Una mela arcobaleno (che non stonerebbe minimamente con i loghi creati negli ultimi tempi a sostegno delle battaglie della società contemporanea), con un morso, fonte di tante domande e supposizioni sul suo significato. I colori furono inseriti per evidenziare le capacità dell’ultimo computer uscito nel gestire i colori, portando però alla creazione di un logo costoso e difficile da riprodurre per l’epoca.

Da allora la mela è diventato il simbolo distintivo di Apple, nel corso degli anni sono stati fatti altri rebranding ma meno drastici.
I cambiamenti effettuati erano principalmente legati alla tridimensionalità del logo, che a seconda degli anni veniva accentuata o diminuita, andando a richiamare degli stili metallizzati che erano in accordo con lo stile ricercato e apprezzato in quello specifico periodo storico.
L’ultimo cambiamento è quello che ha portato al logo utilizzato ancora oggi, in cui la mela torna completamente piatta e monocromatica, seguendo la tendenza contemporanea del minimalismo.

Ma come mai tutti si ricordano della mela di Apple?
Un logo per essere efficace deve seguire alcune linee guida.
La potenza di questa immagine è legata principalmente alla sua semplicità e riconoscibilità, infatti è una figura stilizzata ma di immediata comprensione, eliminando i dettagli inutili che vadano a distrarre l’osservatore senza aggiungere valore ad un’immagine già potente.
Un’altra importante caratteristica è l’originalità: d’altra parte chi mai avrebbe pensato di associare una banalissima mela ad un’azienda all’avanguardia della tecnologia?
Questo si ricollega anche alla memorabilità, infatti nel momento in cui l’immagine è molto semplice è facile che rimanga impressa, ancora di più se è talmente originale da stupirti e in un certo senso divertirti.
Ma quindi il morso sulla mela?
Ora arriviamo anche a questa questione, il morso infatti da sempre costituisce un dettaglio intrigante di un logo che ha fatto la storia.
Il designer del logo, Rob Janoff, aveva presentato a Steve Jobs due diverse versioni: una mela con il morso e una senza. Quella che è stata scelta e che poi è passata alla storia è ovviamente quella morsicata, ma per il semplice motivo che quell’elemento in più permetteva di renderla più riconoscibile e differenziarla maggiormente dalla sagoma di una ciliegia, con cui altrimenti rischiava di essere confusa.
Nel design però non sempre c’è un unico motivo dietro ad una scelta stilistica, ciascun particolare può riportare a più significati. Ma anche solo il fatto di inserire un elemento intrigante che faccia parlare di sè costituisce una scelta vincente. Infatti spesso sono gli utenti esterni che tendono a non accontentarsi di motivazioni semplici, ma preferiscono intessere storie più interessanti e appassionanti che aggiungono fascino, elevando il simbolo quasi a leggenda.
Da qui partono i rimandi alla mela iniettata di cianuro mordendo la quale Alan Turing si era suicidato; la mela come simbolo della fame di conoscenza, come il frutto proibito morso da Eva; ma anche supposizioni più tecniche come la connessione della parola “morso”, in inglese “bite”, che richiama i bit e byte del linguaggio informatico e al fatto cioè che fosse stata scelta per alludere alla semplicità dei prodotti Apple, facili da usare quanto mordere una mela.
É molto eloquente una frase detta da Jean Louis Gasse, ex direttore della società californiana, riferendosi alla mela nella versione a strisce colorate:
“Uno dei più grandi misteri per me è il nostro logo, il simbolo del peccato e della conoscenza, morsicato e fasciato completamente dai colori dell’arcobaleno disposti però nell’ordine sbagliato. Non è possibile sognare un logo più adeguato: peccato, conoscenza, speranza e anarchia”.
Facciamo un passo indietro
Eravamo partiti dal concetto del rebranding, per permettere ad un’azienda di non fare la muffa, di rimanere sempre attuale, è necessario rinnovarsi, mettersi in discussione e chiedersi se veramente la propria immagine visiva è specchio della propria mission e vision.
Anche perchè quello è il mezzo principale attraverso cui si arriva sotto gli occhi delle persone, è un’opportunità per entrare in contatto con loro, diventare parte delle loro idee e della loro mentalità. Apple è riuscita ad entrare nel cuore di ragazzi, imprenditori, sviluppatori, ingegneri, studenti, bambini.
Il potere del cambiamento
La società, con i suoi gusti e le sue idee, non è statica, si trova costantemente in vortici di cambiamenti, le aziende proprio per questo motivo non possono rimanere ferme nella loro immagine visiva, ci deve essere un dialogo continuo con gli utenti. Il modo migliore per dialogare efficacemente è l’utilizzo di un linguaggio comune. Il linguaggio utilizzato per creare la brand identity è basato su colori, stile, simboli, però ogni epoca ha i propri gusti distintivi e l’azienda non può permettersi di esprimersi con linguaggi del passato, deve aggiornarsi al fine di connettersi al meglio con l’utente. Il rebranding è anche l’occasione di provare a fare il passo un po’ più lungo della gamba, provare a ipotizzare l’evoluzione futura dei trend in modo da riuscire a proporre un rebranding innovativo, in modo da non trovarsi semplicemente a rincorrere le tendenze ma ad anticiparle.
Apple non è ovviamente l’unica azienda che ha svolto un rebranding, tutte le grandi aziende hanno effettuato nel tempo dei cambiamenti più o meno evidenti al fine di svecchiare la propria immagine e renderla sempre attuale e efficace.
Il rebranding non è uno strumento da sottovalutare o da vedere come un rinnegamento di ciò che l’azienda era prima, bensì il riconoscere come l’ambiente esterno e la società cambiano e sia necessario aggiornarsi.
Tutto comincia da un dubbio, una domanda che ti passa per la testa, e ti chiedi se stai davvero andando sulla strada giusta. Perchè si, se sei troppo sicuro di te e pensi di star facendo le cose perfette, probabilmente non andrai troppo lontano. Magari avrai successo per un po’, ma prima o poi arriverà qualcuno con idee più innovative e ti spazzerà via dal mercato. Se invece ti guardi intorno ti poni domande e cerchi di migliorarti costantemente allora puoi fare più strada.
Anche noi ci mettiamo in gioco
Wezard è stata lanciata come software house lo scorso anno, ma dopo appena dodici mesi ci siamo resi conto che era giunto il momento di svolgere un rebranding (le stesse tempistiche di Apple, coincidenze?). A livello visivo può essere evidente il cambiamento per quanto riguarda i colori, i font utilizzati e lo stile generale, ma non necessariamente ci si ferma a questo.
Possono essere fatti cambiamenti più profondi proprio sulla mission dell’azienda, abbiamo evidenziato un’esigenza diversa sul mercato, a cui abbiamo cercato di rispondere.
In mezzo ad un mercato regolato da ritmi frenetici non era più sufficiente offrire dei servizi IT, abbiamo deciso di spostare il nostro focus sulle persone, sui talenti. Ed è stato in questo modo che ci siamo avviati verso il Taas, il Talent as a Service, per fornire alle aziende un team di supporto per lo sviluppo delle loro idea, aiutandole a compiere magie per realizzarle e lanciarle sul mercato come prodotti di successo.